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Aumento Diritti Camerali : secco no di Confartigianato

Secco “no” di Confartigianato all’aumento del 20% dei diritti camerali

Vignolini: “I maggiori costi non finanzierebbero iniziative nate dal territorio. Il timore è che finisca col diventare l’ennesima tassa”

È un secco “no” quello che Confartigianato Imprese Prato dice all’aumento dei diritti camerali del 20% così come richiesto dal Ministero dello sviluppo economico alle singole Camere di Commercio. Un voto negativo che l’associazione di viale Montegrappa ha espresso ieri in occasione della votazione in consiglio camerale su questo argomento. Alla base di tale posizione c’è sicuramente la volontà di non penalizzare il mondo delle imprese con ulteriori balzelli.

Ma a dettare la ferma opposizione di Confartigianato è soprattutto il fatto che quanto ricavato dall’aumento, rispetto al passato, non finanzierebbe progetti proposti dalle singole camere di commercio sulla base delle esigenze e istanze poste dalle associazione e dalle imprese del territorio, ma iniziative calate dall’alto: il decreto legge 219 emanato dal governo Renzi stabilisce infatti che il 20% di aumento debba essere utilizzato per finanziare progetti strategici di promozione condivisi con Unioncamere e Regione. Senza contare che il governo Renzi aveva approvato una riduzione progressiva dei diritti camerali stessi fino ad arrivare al 50% in meno nel 2017.

In passato abbiamo sempre approvato tale aumento – dice Moreno Vignolini, vicepresidente di Confartigianato Imprese Prato – in quanto andava a finanziare progetti volti a soddisfare le esigenze del territorio con una ricaduta totale sulle imprese stesse. Il timore è che stavolta l’aumento si trasformi invece nell’ennesima tassa che al di là dei buoni propositi finisca col coprire costi strutturali a livello nazionale. La riforma del sistema camerale ha infatti creato un situazione di caos e anche di mancanza di risorse per gli enti camerali, sia per quelli che hanno gestito con oculatezza ed efficacia le risorse, come quello pratese, sia per quelli che sono stati meno avveduti. E non si può chiedere alle imprese di sanare queste situazioni generate da una manifesta incapacità di proporre una vera ed efficiente riforma camerale ”.


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